Giosuè Carducci
(Valdicastello, 1835 – Bologna, 1907)

Il bove - Davanti San Guido - Ad Annie - Alla stazione in una mattina d’autunno - Jaufré Rudel

 

Jaufré Rudel

Dal Libano trema e rosseggia
Su ‘l mare la fresca mattina:
Da Cipri avanzando veleggia
La nave crociata latina.
A poppa di febbre anelante
Sta il prence di Blaia, Rudello
E cerca co ‘l guardo natante
Di Tripoli in alto il castello.

In vista a la spiaggia asiana
Risuona la nota canzone:
“Amore di terra lontana,
Per voi tutto il core mi duol”.
Il volo d’un grigio alcione
Prosegue la dolce querela,
E sovra la candida vela
S’affligge di nuvoli il sol.

La nave ammaína, posando
Nel placido porto. Discende
Soletto e pensoso Bertrando,
La via per il colle egli prende
Velato di funebre benda
Lo scudo di Blaia ha con sé:
Affretta al castel: – Melisenda
Contessa di Tripoli ov’è?
Io vengo messaggio d’amore,
Io vengo messaggio di morte:
Messaggio vengo io del signore
Di Blaia, Giaufredo Rudel.
Notizie di voi le fur porte.
V’ amò vi cantò non veduta:

Ei viene e si muor. Vi saluta,
Signora, il poeta fedel.–

La dama guardò lo scudiero
A lungo, pensosa in sembianti:
Poi surse, adombrò d’un vel nero
La faccia con gli occhi stellanti:
– Scudier, – disse rapida – andiamo.
Ov’è che Giaufredo si muore?
Il primo al fedele richiamo
E l’ultimo motto d’amore.–

Giacea sotto un bel padiglione
Giaufredo al cospettto del mare:
In nota gentil di canzone
Levava il supreme desir.
– Signor che volesti creare
Per me questo amore lontano,
Deh fa’ che a la dolce sua mano
Commetta l’estremo respir! –

Intano co ‘l fido Bertrando
Veniva la donna invocata;
E l’ultima nota ascoltando
Pietosa risté su l’entrata:
Ma presto, con mano tremante
Il velo gittando, scoprí
La faccia; ed al misero amante
– Giaufredo, – ella disse – son qui. –

Voltossi, levossi co ‘l petto
Su i folti tappeti il signore,
E fiso al bellissimo aspettøo
Con lungo sospiro guardò.

– Son questi i begli occhi che amore
Pensando promisemi un giorno?
È questa la fronte ove intorno
Il vago mio sogno volò?–

Sí come a la notte di maggio
La luna da i nuvoli fuora
Diffonde il suo candido raggio
Su ‘l mondo che vegeta e odora,
Tal quella serena bellezza
Apparve al rapito amatore
Un’alta divina dolcezza
Stillando al morente nel cuore.

– Contessa, che è mai la vita?
È l’ombra d’un sogno fuggente.
La favola breve è finita,
Il vero immortale è l’amor.
Aprite le braccia al dolente.
Vi aspetto al novissimo bando.
Ed or, Melisenda, raccomando
A un bacio lo spirto che muor.–

La donna su ‘l pallido amante
Chinossi recandolo al seno,
Tre volte la bocca tremante
Co’l bacio d’amore baciò
E il sole dal cielo sereno
Calando ridende ne l’onda
L’effusa di lei chioma bionda
Su ‘l morto poeta irraggiò.


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